domenica 26 settembre 2010

“DAMNED SOUL” INTERVISTA L'AUTORE

In attesa dell'uscita del volume, prevista per ottobre, pubblichiamo un estratto dell'intervista a Stefano Leonforte realizzata dalla redazione del forum “Damned Soul”, la cui versione integrale è disponibile all'indirizzo:

http://vampiri.blogfree.net/?t=2928612.

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Redazione “Damned Soul”: Bram Stoker's Dracula è un classico sui vampiri. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo film?

Stefano Leonforte: Si tratta di un film estremamente affascinante, non solo visivamente. La sua “storia”, fatta anche di vicissitudini, dubbi e incomprensioni, è alquanto particolare. In un certo senso proporre l'ennesima versione cinematografica dell'opera di Stoker in un periodo in cui – ricordiamolo – i succhiasangue non riscuotevano il successo che per esempio hanno oggi, fu un azzardo. Non a caso Hart incontrò non poche difficoltà ancor prima di iniziare la stesura della sceneggiatura, dato il totale disinteresse delle Major hollywoodiane. Lo stesso Coppola, almeno inizialmente, si avvicinò al progetto per poco nobili motivi economici. Ma è indubbio che il regista, pur non entusiasta di dirigere un film che non aveva contribuito a sceneggiare, ci abbia messo molto del suo... Ha tradotto in immagini uno script in bilico tra il desiderio di assecondare la struttura epistolare del libro e il fascino di una rilettura romantica del vampiro traendone un incubo raffinato, anomalo, eccessivo. Ha evitato rischiosi paragoni con i suoi illustri predecessori mutando radicalmente l'iconografia su cui era venuto a svilupparsi il profilo cinematografico del conte, trasformandolo in figura androgina, giocando con decine di mutazioni e manifestazioni più e meno apocrife. Ha rifiutato l'aiuto della computer grafica – le cui potenzialità erano state evidenziate in Terminator 2 – per abbracciare trucchi fotografici e una messa in scena di tipo teatrale. Per non parlare della visione romantica del mostro, delle ispirazioni Simboliste e delle citazioni che il regista si diverte a disseminare lungo la pellicola. Lavorando su di una storia tra le più sfruttate dal grande schermo, Coppola è comunque riuscito a essere originale, iconoclasta, se vogliamo. Il risultato, a mio parere, è un film che non può lasciare indifferenti: lo si ama o lo si odia. Di sicuro fornisce materiale per una lunga serie di stimolanti approfondimenti.

Red.: Cosa pensi della figura del vampiro, sia nella sua veste classica, sia in quella moderna?

S.L.: Come scrivo nell'introduzione del libro, il vampiro, il succhiasangue, rappresenta l'archetipo dell'orrore. È una figura universale, antichissima, i cui tratti salienti sono riconoscibili in creature di cui si hanno testimonianze fin dagli albori della civiltà. Certamente gran parte del suo fascino ha a che fare con i poli che – scrive Ernst Jones – spingono il defunto a tornare dalla tomba: quelli apparentemente opposti dell'Amore e dell'Odio. Le figure maledette, specie se votate alla sfera sessuale come nel caso del vampiro, esercitano sempre una grande attrazione. Anche se, a ben guardare, la libido del revenant rimane per lo più confinata a uno stadio orale. Stephen King ha scritto alcune righe illuminanti sull'argomento nel suo “Danse Macabre”. Dopo la febbre vampirica di metà Settecento, infatti, la cultura romantica ha conferito al cadavere assetato di sangue quei tratti salienti ormai divenuti archetipici e giunti fino a noi: un fascino ancestrale, elegante, morboso e decadente che tuttavia mal si conciliava con una sessualità totalmente espressa. E tutto ciò spiega forse il grande appeal che il vampiro da sempre esercita nei confronti del pubblico più giovane. In questo senso il successo di Twilight è illuminante. Ma la sfera sentimentale, pur con le differenze che occorrono tra un'epoca e un'altra – sesso più o meno esibito, amore carnale, amore platonico –, ha sempre fatto parte del bagaglio culturale proprio del mito vampirico. Il vampiro-zombi del Settecento tornava dalla tomba per succhiare il sangue ai suoi cari. Il modello byroniano di Polidori, quel Lord Ruthven a cui il revenant cinematografico deve più di quanto non sembri, sceglieva le proprie vittime in eleganti salotti aristocratici, dissanguandole con il suo bacio mortale, il bacio nero. Nello stesso romanzo di Stoker le pulsioni sessuali giocano un ruolo fondamentale. E la filmografia vampirica, dalle pellicole Hammer fino a Coppola, ha spesso e volentieri intrattenuto rapporti fecondi con con questa particolare componente. Non è forse errato vedere nel Dracula coppoliano uno dei semi più penetranti da cui è poi fiorito il modello di vampiro seducente e innamorato che tanto appassiona le giovani generazioni oggigiorno. Parlo ovviamente del successo dei libri e dei film di Twilight, ma anche di serial come True Blood e Vampire Diaries, in cui è sempre e comunque la sfera sentimentale a farla da padrona.

Red.: Cosa ti affascina maggiormente del Dracula coppoliano?

S.L.: Come spesso accade credo che gli elementi più affascinanti risiedano nella forma piuttosto che nel contenuto, nel significante e non nel significato. A mio modo di vedere la pellicola di Coppola è una dichiarazione d'amore nei confronti del cinema e della sua storia, come testimonia la sequenza all'interno del cinematografo londinese. L'utilizzo di effetti ottici in-camera, di trucchi arcaici degni degli spettacoli illusionistici di Méliès, il montaggio fatto di continue dissolvenze incrociate – spesso dettate dai motivi geometrici presenti nelle inquadrature –, la cura della messa in scena, testimoniano un modo di fare cinema che già all'epoca andava scomparendo, e che oggi non esiste più. È un'opera che racconta una delle storie più conosciute e sfruttate dal grande schermo, ma utilizzando lo spettro completo delle possibilità cinematografiche. È un film alchemico.

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Red.: Indubbiamente, fra il libro ed il film c'è un elemento davvero molto diverso, ossia la chiave romantica della storia. Pensi che questa sia stata una scelta calcolata del regista per avere più pubblico?

S.L.: Non credo. Come ho detto Coppola non era entusiasta del progetto anche perché non ebbe alcun ruolo nella scrittura della sceneggiatura – che, tra l'altro, gli venne proposta da Winona Ryder. Lo sviluppo del sottotesto che vede il mostro imbattersi nella reincarnazione della sua antica sposa si deve ad Hart, che a sua volta l'ha ripreso da precedenti film, molti dei quali dedicati proprio a Dracula o a soggetti vampireschi. In arte, e naturalmente nel cinema, ci si trova raramente di fronte a reali innovazioni, più facilmente ci vengono proposte semplici differenze. Il mostro condannato per amore a sopravvivere ai secoli alla ricerca dell'amante perduta rappresenta un archetipo del genere horror. Basti pensare alle diverse versioni della Mummia, al Dracula interpretato da Jack Palance in Il demone nero, alla serie televisiva cult Dark Shadows... Detto ciò, è comunque possibile che Coppola abbia insistito sugli aspetti romantici della vicenda anche calcolando una possibile reazione positiva del pubblico. Nelle interviste promozionali il regista ha più volte sottolineato come Dracula fosse ai suoi occhi un'epica storia d'amore, smentendo così i dichiarati intenti di fedeltà al romanzo che portarono a intitolare il film Bram Stoker's Dracula. Il principe vampiro e Mina sono per il regista l'equivalente “moderno” delle coppie simboleggianti l'amore tragico – Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta –, che com'è noto hanno sempre riscosso indubbio favore. E Coppola, dopo vari flop al botteghino, aveva assoluto bisogno di un successo commerciale.

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Red.: Questi ultimi sono stati gli anni del Vampiro. Il rinnovato interesse per questa figura però è stato portato da eventi letterari e cinematografici che molto si discostano dal capolavoro da te analizzato. Cosa ne pensi di questa nuova veste del vampiro?

S.L.: Come ho detto non si tratta di vere e proprie novità, ma di riletture le cui radici, per quanto lontane nella forma e nel significato, risiedono in precedenti espressioni del mito. Certo è difficile accostare Dracula a Twilight, che rimane una saga dedicata ai più giovani, così come Vampire Diaries, per restare al grande e piccolo schermo. Oggi l'industria culturale tende a confezionare prodotti su misura per il pubblico che più di ogni altro garantisce successo di vendite e incassi notevoli: quello adolescenziale. Ancora una volta i libri di Stephenie Meyer ne sono un esempio, ma allontanandosi per un istante dal regno dei bloodsucker potremmo citare anche la fortunata saga di Harry Potter. Personalmente rimango maggiormente legato al vampiro che ha preceduto questo revival, un revenant forse più genuino, meno edulcorato. Certamente, negli ultimi anni i figli della notte non hanno ricevuto un trattamento benevolo... Nei vari Underworld, Blade, Van Helsing c'è veramente poco da salvare. Dei connotati che definiscono il fascino, il seducente del vampiro rimane ben poco.

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Red.: In Bram Stoker's Dracula viene mantenuto l'aspetto diaristico della narrazione. Alla lunga, credi che questa sia stata la scelta registica migliore?

S.L.: Inizialmente il film avrebbe dovuto essere ancor più fedele alla struttura del libro, con i punti di vista dei vari personaggi, gli estratti dei loro diari, le lettere e così via a fare da filo narrativo. Ma questa versione venne montata e poi scartata in seguito alla prima sneak preview. Nel libro se ne parla ampiamente. La versione che tutti conosciamo, invece, ritengo sia molto funzionale. Mantiene la forma diaristica fin dove può, per poi allontanarsene in alcuni frangenti. Il linguaggio cinematografico è molto diverso da quello letterario: non è possibile tradurre fedelmente in immagini una struttura come quella ideata da Stoker.

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Vietato riprodurre l'intervista senza il consenso dell'intervistato e dell'autore: "Damned Soul".

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